Pioglitazone: complicanze microvascolari e macrovascolari e mortalità
L'obiettivo del trattamento a lungo termine della terapia ipoglicemizzante è quello di ridurre l’incidenza di complicanze microvascolari e macrovascolari del diabete mellito e, in ultima istanza, la mortalità.
Riguardo alle complicanze microvascolari, ci si attende che una terapia molto efficace nel tempo sull’iperglicemia, come quella con tiazolidinedioni ( anche noti come glitazoni ), abbia un effetto assai favorevole.
Inoltre, esistono dati preliminari, da confermare, su un possibile effetto anti-microalbuminurico dei tiazolidinedioni, anche indipendentemente dall’azione ipoglicemizzante. Questa potenziale azione nefroprotettiva, che sarebbe dovuta agli effetti antinfiammatori dei tiazolidinedioni, necessita però di ulteriori conferme attraverso studi di maggiori dimensioni appositamente disegnati.
Riguardo agli effetti sul rischio cardiovascolare, i tiazolidinedioni agiscono in maniera favorevole su vari fattori di rischio; inoltre, possiedono specifiche azioni antinfiammatorie, che potrebbero contribuire alla prevenzione dell’aterogenesi.
Studi di confronto diretto con le sulfaniluree hanno mostrato che i tiazolidinedioni, a parità di controllo metabolico, sono più efficaci nella prevenzione della progressione dello spessore dell’intima-media carotidea. Quest’ultimo parametro viene generalmente considerato un buon predittore degli eventi cardiovascolari.
L’effetto complessivo sul rischio cardiovascolare complessivo di qualsiasi farmaco deve essere valutato sulla base degli eventi maggiori osservati nel corso degli studi randomizzati, contro placebo o contro altri farmaci ipoglicemizzanti.
Lo studio di riferimento per il Pioglitazone è lo studio PROACTIVE con specifici endpoint cardiovascolari.
Nello studio PROACTIVE, condotto in pazienti ad alto rischio, il Pioglitazone, rispetto al placebo, produce, come noto, una tendenziale riduzione della morbilità e mortalità cardiovascolare, che peraltro non raggiunge la significatività statistica.
Analoghi risultati ( di tendenziale riduzione del rischio cardiovascolare ) si osservano negli altri studi di minori dimensioni condotti con il Pioglitazone, come dimostrato da una metanalisi di studi clinici nella quale vi era una tendenziale riduzione degli eventi cardiovascolari maggiori e della mortalità da tutte le cause nei confronti di placebo o altri farmaci ipoglicemizzanti.
Una serie di studi clinici di piccole dimensioni, condotti anche in pazienti non-diabetici, ha dimostrato come, sia il Pioglitazone che il Rosiglitazone, siano in grado di prevenire la ristenosi dopo angioplastica coronarica con stent.
È verosimile che l’azione antinfiammatoria dei tiazolidinedioni abbia una rilevanza maggiore nella prevenzione della ristenosi, che è fenomeno prevalentemente flogistico, rispetto all’aterogenesi.
Nel complesso, tuttavia, gli studi sugli effetti dei tiazolidinedioni, e quindi del Pioglitazone, sul rischio cardiovascolare appaiono abbastanza inconcludenti: nonostante gli effetti favorevoli su alcuni fattori di rischio e la nota azione antinfiammatoria, gli agonisti PPAR-gamma non sembrano avere alcuna azione specificamente protettiva nei confronti degli eventi cardiovascolari in generale, e della malattia coronarica in particolare.
È possibile che l’effetto cardiovascolare sia diverso in sottogruppi specifici di pazienti. I dati fino ad oggi disponibili indicano che i tiazolidinedioni potrebbero avere un profilo meno favorevole quando vengono utilizzati in pazienti francamente obesi, oppure combinati con l’Insulina; invece, la loro azione cardiovascolare potrebbe essere maggiormente favorevole nei pazienti con ipertrigliceridemia.
Ulteriori studi ed analisi per sottogruppo di studi clinici randomizzati potrebbero definire con maggior precisione le caratteristiche dei pazienti che possono trarre il massimo beneficio sul piano cardiovascolare dal trattamento con tiazolidinedioni, ma questo tipo di analisi raramente viene pubblicato.
Un altro effetto negativo da considerare con il Pioglitazone è costituito dall’aumento del rischio di ricoveri per scompenso cardiaco, che è un effetto collaterale da tenere in considerazione durante una terapia con Pioglitazone.
Questo fenomeno non è dovuto ad una azione cardiaca diretta del farmaco, ma soltanto alla ritenzione idrica da questo indotta, che può rendere clinicamente manifesta una disfunzione cardiaca precedentemente silente.
Gli agonisti del PPAR-gamma, infatti, agiscono sul rene a livello del tubulo distale, favorendo il riassorbimento dell’acqua e dei sali minerali; ne risulta una espansione del volume dei liquidi extracellulari che contribuisce all’aumento di peso e che può provocare, in alcuni pazienti, edemi declivi.
La semplice presenza di edemi alle caviglie non è comunque un motivo sufficiente per sospendere il farmaco; l’effetto collaterale può essere facilmente controllato con una bassa dose di diuretico risparmiatore di potassio ( Canrenoato o Spironolattone 25 mg/die ).
Qualora sia presente una disfunzione cardiaca, l’espansione della volemia ed il sovraccarico di volume possono, tuttavia, precipitare i sintomi dello scompenso cardiaco e per tale motivo il farmaco è controindicato in pazienti con disfunzione ventricolare, anche se in classe NYHA I. Questo rischio è maggiore quando i pazienti ricevono i tiazolidinedioni in combinazione con l’Insulina e pertanto tale associazione deve essere considerata con grande cautela. ( Xagena_2014 )
Fonte: IlDiabete - SID, 2014
Xagena_Medicina_2014